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PALPACELLI ERA SEMPRE IN ANTICIPO

12 aprile 2023
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Amato da Zevi, amico di Scarpa e Musmeci, Palpacelli ha attraversato il novecento con un'architettura fantascientifica di cemento e acciaio che ancora oggi lo rende un pioniere.

Sergio Musmeci per il cinquantesimo compleanno di Palpacelli gli regalò una mappa astrale della notte in cui venne al mondo. I due, oltre ad essere grandi amici, erano infatti entrambi appassionati di astronomia al punto da costringere le rispettive mogli a lunghe osservazioni notturne incuranti del gelo.
L’architetto era nato nel 1925 a Fiuggi ma Roma lo aveva adottato. Qui aveva prima studiato, quindi lavorato e poi costruito alcuni dei suoi edifici più incredibili. Cominciò nel 1958 con la torre piezometrica di Vigna Murata; il grande serbatoio idrico in cemento armato cavo alla Bufalotta davanti al quale, un esterrefatto Carlo Scarpa, esclamò :“queste sono le cattedrali moderne!” Palpacelli era un grandissimo amico del maestro veneziano; lo testimoniano un’impressionante quantità di foto scattate durante le loro tante cene, l’ultima delle quali a pochi giorni dalla partenza di Scarpa per il fatale viaggio in Giappone.
Quindi il progetto – mai realizzato – per i nuovi uffici della Camera dei Deputati. Un’avveniristica astronave-meteorite letteralmente conficcata in piazza del Parlamento. Sempre tra gli anni sessanta e settanta l’edificio per la Cassa di Risparmio a piazza Cavour, a due passi dal Palazzaccio. Qui una moderna struttura in acciaio e cemento, ispirata a La Rinascente romana di Albini e Helg, reinterpreta l’architettura ottocentesca circostante.
Infine il capolavoro, il centro idrico di Vigna Murata. Un’altro serbatoio, questa volta un’avveniristico anello d’acciaio. Un’astronave – ancora la fantascienza che evidentemente lo ossessionava – sospesa nel vuoto sopra e due piloni, a 90 metri dall’altezza con in cima tanto di terrazza panoramica e caffetteria. Un’icona della Roma contemporanea. Un landmark perfetto per spopolare sui social network quasi quarant’anni prima di Instagram.
Nel mezzo tante altre opere. Alcune così avveniristiche e così attuali da non essere comprese allora. Un pò’ Rudolph un po’ Wright, Palpacelli – che per questo era molto ammirato da Bruno Zevi – ci ha lasciato disegni meravigliosi come quelli per il teatro daunnunziano di Pescara o per quello nazionale di Belgrado e persino per il Parlamento della Tanzania. Vedute che osservate oggi appaiono più simili alle odierne invenzioni digitali che architetture disegnate a mano con il tecnigrafo.
Ad oltre vent’anni dalla scomparsa, si tratta ancora una figura poco celebrata. Eppure ha attraversato il Novecento con moderna vitalità. Allievo di Giuseppe Vaccaro che lo volle subito con sé dopo averlo incontrato in veste di esaminatore il giorno della sua tesi, Palpacelli iniziò a lavorare nel suo studio al fianco della giovane Denise Scott Brown poco prima che lei incontrasse il futuro marito, Robert Venturi, con cui scriverà una pagina rilevante di storia del postmodernismo. Poi l’incontro col genio ingegneristico di Musmeci che ne liberò la creatività consentendogli di mettere a punto le forme avveniristiche che lo rendono ancora oggi affascinante. 

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